Le challenges fanno paura. Sui social scatta l’allarme
Analisi delle conversazioni e delle audience di chi ne parla sul web: donne (72%), giovani, attive su Facebook e YouTube, interessate alla moda e allo shopping
Si può morire a causa di una challenge su YouTube? Purtroppo sì. È successo a Roma.
I fatti: trascorrere 50 ore dentro una Lamborghini. Un gruppo di 20enni, molto noti sul web per le loro sfide estreme, decide di noleggiare l’auto di lusso ma è finita in uno schianto contro una Smart causando la morte del piccolo Manuel, bimbo di soli 5 anni, a Casal Palocco. Il canale YouTube TheBorderline conta 600mila iscritti ma dopo la tragedia è stato chiuso. Con i nostri algoritmi di Intelligenza Artificiale abbiamo monitorato e analizzato le conversazioni sul web inerenti le sfide social, un fenomeno diffuso e arrivato agli onori della cronaca a seguito di episodi tragici che hanno coinvolto minori.
«L’idea di TheBorderline era quella di offrire ai giovani un intrattenimento con uno spirito sano – hanno commentato gli amministratori del canale -. La tragedia accaduta è talmente profonda che rende per noi moralmente impossibile proseguire questo percorso». Una dichiarazione che non ha attenuato le polemiche, e le conversazioni sui social media sono diventate trending topic in pochissime ore.
40mila conversazioni nel mondo, engagement altissimo
Di challenges estreme si parla ormai da molto tempo (ricordiamo il fenomeno Blue Whale). Possono suggestionare ragazzi e ragazze inducendoli progressivamente a compiere atti di autolesionismo, azioni pericolose (sporgersi da palazzi, cornicioni, finestre etc…), selfie pericolosi, sino ad arrivare al suicidio. Le sfide social sono sempre più diffuse sul web e suscitano l’interesse di un gran numero di persone, coinvolgendo soprattutto le bambine, i bambini e gli adolescenti. Sono nate su TikTok, variano enormemente e non tutte sono pericolose. Ci sono challenges anche a scopo benefico o creativo.
La notizia dell’incidente a Casal Palocco e della challenge che lo ha provocato ha fatto il giro del mondo, provocando quasi 40mila conversazioni concentrate sull’utilizzo spregiudicato e dannoso dei social media, specialmente tra i giovanissimi. Sono oltre 30mila gli utenti che hanno attivato thread in rete. L’engagement è altissimo (0,7 dove il valore massimo è pari a 1), alimentato da interazioni critiche e forte preoccupazione per il contesto sociale e relazionale nel quale le giovani generazioni stanno crescendo.
Recentemente è stato realizzato uno studio epidemiologico sulle challenges nell’ambito del progetto dipendenze comportamentali nella generazione Z, realizzato dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) con il supporto del Dipartimento delle Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Secondo l’Iss, le social challenges riguardano i maschi e le fasce d’età più giovani. Andando a focalizzare l’attenzione sulla fascia di età 11-13 e 14-17 anni si osserva che è un fenomeno più diffuso tra i più piccoli: tra gli studenti 11-13 anni la prevalenza è 7,6% (129.310 giovanissimi) e tra gli studenti 14-17 anni è 5% (pari a 113.849). La prevalenza tra i maschi 11-13 anni è poi 10% (pari a 87.802 studenti), tra i maschi 14-17 anni è 6,1% (pari a 71.544), a seguire le femmine 11-13 anni (5,3% pari a 43.923 studentesse) e le femmine 14-17 anni (3,3% pari a 37.049 studentesse).
Analisi delle conversazioni: piattaforme irresponsabili e pericolose
Analizzando le conversazioni in rete il sentiment analysis che si basa su metodi di linguistica computazionale e di analisi testuale per capire il livello di apprezzamento o di ostilità delle audience su un determinato contenuto, osserviamo il 59% di disapprovazione sull’utilizzo dei social media che coinvolge i giovani e i minorenni. A seguire abbiamo il 26% delle conversazioni caratterizzate dalla rabbia e il 6% dalla tristezza. Disinformazione, mancanza di consenso informato, hate speech, piattaforme irresponsabili, mancanza di educazione nel corretto utilizzo dei social, sono le critiche e i temi più discussi.
Le challenges più pericolose sui social
Chi sono le persone che parlano delle challenges e dei problemi inerenti i social media? Con gli algoritmi di Kpi6 abbiamo analizzato tutte le audience coinvolte osservando che si tratta principalmente di donne (72%) in una fascia di età prevalente dai 25-34 anni. Attivi principalmente su Facebook e YouTube (86%), poi Instagram (75%) e TikTok (61%).
Tra i loro interessi principali osserviamo lo shopping, la moda, la vita salutare e l’intrattenimento.
Il Paese di riferimento dove se ne parla di più sono gli Stati Uniti e l’audience è composta prevalentemente da consulenti, educatori e studenti.
Tra le challenges social ritenute più pericolose troviamo:
- #TidePodChallenge: ingerire capsule di detersivo che ricordano nella forma e nel colore, caramelle e dolciumi;
- #BenadrylChallenge: ingerire dosi massicce dell’antistaminico Benadryl. L’assunzione di dosi eccessive può provocare conseguenze letali;
- #BlueWhaleChallenge: cinquanta prove estreme in cinquanta giorni, fino al suicidio.
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